Olimpiadi 2024: sul caso Khelif sciacallaggio lesivo della dignità della persona
“Riteniamo indecorosa la discussione in atto sulla pugile intersex algerina Imane Khelif, al centro della polemica di queste ore per la sua presunta competizione sbilanciata sul ring con Angela Carini. Uno sciacallaggio mediatico e social lesivo della dignità di un’atleta e, in primis, di una persona.”
A dichiararlo il gruppo di associazioni intersex Forum VCS (AISIA Odv, IntersexEsiste aps, Intersexioni, Genitori e Bimb* Intersex mai più soli) e l’Associazione Radicale Certi Diritti per le quali il caso di Khelif (come quello precedente di Caster Semenya e di tanti altri atleti ed atlete), rappresenta “una pagina molto triste dello sport mondiale che dovrebbe diffondere incisività, partecipazione e rispetto dell’individuo tra i propri valori fondanti”.
“La Khelif è una donna intersex e ha soddisfatto tutti i requisiti stabiliti dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) per partecipare alle competizioni femminili, inclusi quelli sui livelli di testosterone. Ciò significa che, secondo le normative attualmente in vigore, lei era idonea a quel ring. Non altrettanto idonei a commentare la vicenda – invece – molti leoni da tastiera, giornalisti e non, che in una prima fase hanno definito “trans” l’atleta, limitandosi a dedurlo o semplicemente non verificandone le fonti.
“E’ tristemente paradossale che una condizione come la nostra balzi all’onore delle cronache solo in caso di strumentalizzazioni politiche, quando essa sembra essere un presunto e non dimostrato ’vantaggio’ rispetto al resto della popolazione, mentre – quando si parla dei nostri diritti negati – viene totalmente ridotta al silenzio”.
“La persone intersex, lo ricordiamo, sono nate con una variazione delle caratteristiche del sesso ed includono un ampio spettro di condizioni, cromosomiche, fenotipiche e ormonali. Alcune di esse sono socialmente donne, altre uomini, altre non binarie, ma tutte legittimamente meritevoli di tutela; spesso nel corso della propria vita subiscono decisioni non consensuali, chirurgiche e non, sui propri corpi, con la presunzione di normalizzarli ma con l’unica conseguenza di mutilarli fisicamente, psicologicamente e socialmente. La polemica di oggi aggiunge un’ulteriore violenza che segna ogni singolo membro della nostra comunità. Escludere un’atleta sulla base di caratteristiche genetiche o ormonali limita la libertà individuale e il principio di uguaglianza che dovrebbero essere diffusi e tutelati ogni giorno, in ogni sede”.
“Da parte di tutte e tutti noi va la nostra più sincera solidarietà a Imane, al suo diritto alla competizione, al suo impegno di autodeterminarsi come atleta e come persona, nei margini che le sono consentiti dalle competizioni sportive, e i nostri migliori auguri, speranzosi, anzi, sicuri, che una polemica di questo tipo non fermerà la sua voglia di vincere e le proprie ambizioni, che – per fortuna – sanno superare le peggiori diffamazioni”.