Consiglio d’Europa: sventato il rischio di negare i servizi pubblici e discriminare le persone LGBTI sul lavoro.
L’ultima sessione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha compiuto un passo importante verso la non-discriminazione nel mondo del lavoro.
Così Yuri Guaiana, presidente dell’Associazione Radicale Certi Diritti, sul voto del 29 gennaio scorso all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa che ha rigettato la raccomandazione sulla “Protezione della libertà di religione o credo sul posto di lavoro” e ha rimosso il concetto di “accomodamento ragionevole” (“reasonable accommodation”) dalla risoluzione in materia, invece approvata.
L’inserimento di questa locuzione mirava a far introdurre agli Stati membri del Consiglio d’Europa l’obbligo per i datori di lavoro di accogliere le richieste dei dipendenti basate su credenze religiose. Se pure il principio dell’accomodamento ragionevole è presente nei trattati sui diritti umani, esso è, e deve rimanere, confinato al contesto della disabilità, dove ha una piena ragionevolezza. In ambito di convinzioni religiose, invece, avrebbe finito per garantire che si potessero usare “la religione e il credo” come scusa legale per negare servizi pubblici e discriminare in situazioni come questa:
- Un panificio che rifiuta di fare una torta per una coppia gay;
- Un datore di lavoro che rifiuta il riconoscimento legale del genere per una persona trans;
- Un ospedale che rifiuta a una persona malata di essere visitato dal suo partner dello stesso sesso.
In coerenza con il documento “Religioni e diritti LGBTI, una prospettiva liberale”, approvato al XIII Congresso di Certi Diritti a Trento del 15-17 novembre 2019, riteniamo che “le autorità pubbliche, ad ogni livello, devono restare fermamente ancorate al principio della laicità, conseguentemente rifiutando qualsiasi privilegio per le religioni, sia esso di natura legale, economica o intellettuale” e che “la libertà religiosa non può mai essere il pretesto per la messa in questione di altri diritti fondamentali”.
“Nei giorni scorsi abbiamo contattato vari parlamentari rappresentanti per l’Italia all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, per informarli su quanto sarebbero andati a votare. Siamo quindi felici dell’esito della votazione”, conclude Guaiana.
Roma, 1 febbraio 2020
Si possono leggere la raccomandazione, la risoluzione e il rapporto messe in votazione qui.
Al link si può vedere come hanno votato i parlamentari rappresentanti per l’Italia all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa.