ISTITUZIONI EUROPEE RISPONDONO A INTERROGAZIONI CAPPATO SU TEMI LGBT
CERTI DIRITTI: AL PARLAMENTO EUROPEO GIUNTE LE ULTIME RISPOSTE ALLE INTERROGAZIONI DI MARCO CAPPATO SU DIRITTI LGBT.
CERTI DIRITTI RINGRAZIA MARCO CAPPATO PER SUO COSTANTE OPERATO A FAVORE DEI DIRITTI UMANI E DEI DIRITTI LGBT AL PARLAMENTO EUROPEO
Le istituzioni europee hanno appena reso note le risposte a una serie d’interrogazioni che Marco Cappato, eurodeputato Radicale uscente, aveva depositato su richiesta di Certi Diritti. L’associazione coglie l’occasione per ringraziare di cuore Marco Cappato per essersi sempre messo a totale disposizione di Certi Diritti e dei diritti LGBT, attraverso il deposito d’interrogazioni, emendamenti, risoluzioni. La sua non rielezione al Parlamento europeo é una perdita per l’Italia e l’Europa dei diritti. Siamo sicuri che Certi Diritti e Cappato continueranno a percorrere assieme la strada che porta verso una piena realizzazione dell’eguaglianza, senza discriminazioni, per tutti, in Italia ed in Europa.
Seguono le interrogazioni e le risposte delle istituzioni:
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INTERROGAZIONE SCRITTA E-3275/09
di Michael Cashman (PSE), Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), Sophia in ‘t Veld (ALDE), Lissy Gröner (PSE), Sirpa Pietikäinen (PPE-DE), Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), Emine Bozkurt (PSE), Glenys Kinnock (PSE), Maria Robsahm (ALDE), Åsa Westlund (PSE), Jeanine Hennis-Plasschaert (ALDE), Martine Roure (PSE), Michel Teychenné (PSE), Baroness Sarah Ludford (ALDE), Hélène Goudin (IND/DEM), Marco Cappato (ALDE), Paulo Casaca (PSE), Anne Van Lancker (PSE), Jan Andersson (PSE), Anna Hedh (PSE), Inger Segelström (PSE), Caroline Lucas (Verts/ALE), Catherine Stihler (PSE), Karin Resetarits (ALDE), Göran Färm (PSE), Thijs Berman (PSE), Margrete Auken (Verts/ALE), Ieke van den Burg (PSE) e Vittorio Agnoletto (GUE/NGL)
al Consiglio
Oggetto: Omosessualità punita in Egitto, Bahrein e Marocco
Sono giunte agli interroganti notizie inquietanti riguardo a recenti arresti di persone (tra cui cittadini comunitari) accusate di omosessualità in Egitto, Marocco e Bahrein. Il 5 gennaio i servizi di sicurezza egiziani hanno arrestato al Cairo quattro uomini. Nel Regno del Marocco la sezione penale del tribunale di prima istanza di Marrakech ha condannato un cittadino comunitario italiano di nome Gian Paolo a una pena detentiva e al pagamento di una sanzione. Nel Bahrein due uomini sono stati condannati a sei mesi di carcere e ai lavori forzati con l’accusa di omosessualità. Alla luce della recente dichiarazione ONU contro la criminalizzazione dell’omosessualità sostenuta da tutti gli Stati membri dell’UE, chiediamo al Consiglio di intervenire nei succitati casi.
Può il Consiglio informare gli interroganti in merito alle azioni intraprese e che adotterà per incoraggiare la depenalizzazione dell’omosessualità nel mondo? Laddove sono in atto accordi di associazione con l’UE, incoraggerà il Consiglio la Commissione a invocare la clausola sui diritti umani?
E-3275/09
Risposta del Consiglio
(15 giugno 2009)
Il Consiglio ritiene che le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale siano incompatibili con i principi di base su cui si fonda l’Unione europea. Il Consiglio è e continuerà ad essere impegnato a favore della prevenzione e dell’eliminazione delle discriminazioni fondate sui sei motivi di cui all’articolo 13 del trattato CE, tra cui l’orientamento sessuale.
L’UE si adopera attivamente all’interno delle Nazioni Unite per combattere il razzismo e la discriminazione, inclusa la discriminazione basata sull’orientamento sessuale. L’UE ha presentato all’Assemblea generale una dichiarazione a nome di 66 Stati nella quale esorta gli Stati ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che l’orientamento sessuale o l’identità di genere non costituiscano in alcun caso una base per sanzioni penali, in particolare esecuzioni, arresti o detenzioni.
La Presidenza ceca ha rilasciato una dichiarazione a nome dell’UE il 17 maggio, in occasione della giornata internazionale contro l’omofobia, manifestando preoccupazione per le violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, in particolare il ricorso alla pena di morte per tali motivi, la pratica della tortura e di altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti, le detenzioni o gli arresti arbitrari, la negazione del diritto di riunione pacifica e la privazione dei diritti economici, sociali e culturali, incluso il diritto alla salute. La Presidenza ha anche esortato gli Stati ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che l’orientamenti sessuale e l’identità di genere non costituiscano in alcun caso una base per sanzioni penali, che le violazioni di tali diritti umani siano oggetto di indagini, che sia accertata la responsabilità degli autori dei reati e che questi siano assicurati alla giustizia.
Inoltre, l’UE ha inglobato le questioni in materia di razzismo, xenofobia e discriminazione nei suoi dialoghi politici con i paesi terzi e promuove costantemente il principio della non discriminazione, che esige che i diritti dell’uomo si applichino allo stesso modo a tutti gli esseri umani indipendentemente dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere. L’UE, attraverso la Presidenza o la Troika, ha recentemente intrapreso iniziative in vari Stati in relazione a singoli casi di presunta discriminazione fondata sull’orientamento sessuale (ad esempio, Senegal, Turchia) o al fine di impedire la criminalizzazione dell’omosessualità (ad esempio, Burundi).
La questione della discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale è stata ripetutamente sollevata dall’UE nel dialogo politico con l’Egitto.
Per quanto riguarda il Marocco, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali costituisce un elemento essenziale per le nostre relazioni bilaterali, nel quadro dell’accordo di associazione.
Il sottocomitato per i diritti dell’uomo, la democratizzazione e il buon governo tratta specificamente tali questioni.
Nonostante l’UE non intrattenga attualmente un dialogo politico bilaterale con il Bahrein, questioni in materia di diritti umani sono sollevate nell’ambito del dialogo UE-Consiglio di cooperazione del Golfo.
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INTERROGAZIONE SCRITTA E-3276/09
di Michael Cashman (PSE), Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), Sophia in ‘t Veld (ALDE), Lissy Gröner (PSE), Sirpa Pietikäinen (PPE-DE), Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), Emine Bozkurt (PSE), Glenys Kinnock (PSE), Maria Robsahm (ALDE), Åsa Westlund (PSE), Jeanine Hennis-Plasschaert (ALDE), Martine Roure (PSE), Michel Teychenné (PSE), Baroness Sarah Ludford (ALDE), Hélène Goudin (IND/DEM), Marco Cappato (ALDE), Paulo Casaca (PSE), Anne Van Lancker (PSE), Jan Andersson (PSE), Anna Hedh (PSE), Inger Segelström (PSE), Caroline Lucas (Verts/ALE), Catherine Stihler (PSE), Karin Resetarits (ALDE), Göran Färm (PSE), Thijs Berman (PSE), Margrete Auken (Verts/ALE), Ieke van den Burg (PSE) e Vittorio Agnoletto (GUE/NGL)
alla Commissione
Oggetto: Omosessualità punita in Egitto, Bahrein e Marocco
Sono giunte agli interroganti notizie inquietanti riguardo a recenti arresti di persone (tra cui cittadini comunitari) accusate di omosessualità in Egitto, Marocco e Bahrein.
Il 5 gennaio i servizi di sicurezza egiziani hanno arrestato al Cairo quattro uomini. Nel Regno del Marocco la sezione penale del tribunale di prima istanza di Marrakech ha condannato un cittadino comunitario italiano di nome Gian Paolo a una pena detentiva e al pagamento di una sanzione. Nel Bahrein due uomini sono stati condannati a sei mesi di carcere e ai lavori forzati con l’accusa di omosessualità.
Alla luce della recente dichiarazione ONU contro la criminalizzazione dell’omosessualità e della dichiarazione del commissario Benita Ferrero-Waldner in occasione della seduta plenaria del Parlamento de
l 17 dicembre 2008 secondo cui la Commissione era disposta a impegnarsi a depenalizzare l’omosessualità nel mondo, chiediamo alla Commissione di intervenire nei succitati casi.
Può la Commissione informare gli interroganti in merito alle azioni intraprese e che adotterà per incoraggiare la depenalizzazione dell’omosessualità nel mondo?
Laddove sono in atto accordi di associazione con l’UE, invocherà la Commissione la clausola sui diritti umani?
E-3276/09IT
Risposta di Benita Ferrero-Waldner
a nome della Commissione
(26.6.2009)
La Commissione respinge e condanna ogni manifestazione di omofobia in quanto si tratta di un fenomeno di violazione manifesta della dignità umana. Ritiene, inoltre, che la discriminazione fondata sulle tendenze sessuali sia incompatibile con i principi fondamentali su cui l’UE è fondata e si impegna e continuerà a impegnarsi per prevenire e combattere le discriminazioni fondate sui sei punti di cui all’articolo 13 del trattato CE, che comprendono le tendenze sessuali.
La Commissione attribuisce grande importanza alla tutela e alla promozione dei diritti dell’uomo nei paesi partner ed è preoccupata per il persistere in tali paesi di una normativa e di comportamenti discriminatori nei confronti delle minoranze sessuali. Sebbene nell’immediato la priorità sia la depenalizzazione delle relazioni omosessuali, nell’ambito della sua azione a lungo termine, la Commissione continua a adoperarsi per incoraggiare i paesi partner a mettere fine alle discriminazioni fondate sulle tendenze sessuali.
La Commissione persegue una politica contro le forme di omofobia e a favore di campagne per la depenalizzazione delle relazioni omosessuali. L’UE si impegna attivamente nel contesto delle Nazioni Unite per contrastare il razzismo e la discriminazione, compresa la discriminazione fondata sulle tendenze sessuali. Per esempio, l’UE ha appoggiato pienamente e con successo lo statuto consultivo ONU per i gruppi che rappresentano i diritti di lesbiche, omosessuali, bisessuali e transessuali nel comitato sulle ONG (organizzazioni non governative) del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite. La Commissione è consapevole che la società civile locale ha un ruolo importante in tale ambito e mantiene contatti costanti con le organizzazioni non governative per i diritti dell’uomo. Lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) ha già finanziato numerosi progetti nell’ambito di inviti pubblici a presentare proposte alle organizzazioni della società civile per la lotta contro ogni forma di discriminazione, compresa quella fondata sulle tendenze sessuali.
Nel caso dell’Egitto, nel marzo 2007 la Commissione ha concluso un piano d’azione nell’ambito della politica europea di vicinato (PEV), in cui ha concordato di “collaborare alla lotta contro tutte le forme di discriminazione [e] intolleranza” con le autorità egiziane e di discutere le questioni attinenti a questo impegno nel quadro di un regolare dialogo politico. La necessità di proteggere i diritti delle minoranze sessuali è stata esplicitamente sottolineata nella dichiarazione dell’UE in occasione della quarta riunione del Consiglio di associazione UE-Egitto del 28 aprile 2008. Inoltre, nel corso della quinta riunione del Consiglio di associazione UE-Egitto, tenutasi a Lussemburgo il 27 aprile 2009, l’UE ha incoraggiato l’Egitto a proseguire i propri sforzi volti alla lotta contro ogni forma di discriminazione e alla promozione della tolleranza in questioni relative alla cultura, alla religione, alle opinioni e alle minoranze. La Commissione e gli Stati membri vigilano sulla situazione dei diritti umani in Egitto, compresi i diritti delle persone LGBT, e si riservano la possibilità di esprimere le loro preoccupazioni tramite i canali diplomatici.
Per quanto riguarda il Marocco, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali è uno degli aspetti salienti delle relazioni bilaterali nel quadro dell’accordo di associazione. Inoltre, il piano d’azione PEV con il Marocco prevede un programma di riforme politiche ed economiche con priorità a breve e medio termine, tra cui la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali conformemente alle norme internazionali. Il piano presenta le azioni concordate nei settori della democrazia, dello Stato di diritto, dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Il rispetto dei principi in materia di diritti umani e delle risoluzioni ONU è un punto centrale delle relazioni UE-Marocco e un argomento costantemente trattato nel dialogo politico con il paese, soprattutto nel quadro del sottocomitato per i diritti dell’uomo e la democratizzazione. La Commissione ha inoltre una lunga tradizione di interventi volti a incoraggiare e sostenere finanziariamente le attività di varie associazioni per i diritti dell’uomo in Marocco, per esempio, l’Associazione marocchina per i diritti dell’uomo, che tiene sotto stretto controllo la situazione relativa alla criminalizzazione dell’omosessualità.
In merito al Bahrein e in generale all’area del Golfo, l’UE – assieme agli Stati membri e alla Commissione – segue da vicino la situazione dei diritti dell’uomo e solleva la questione con tutti i paesi del Golfo in occasione sia degli incontri bilaterali che degli incontri annuali dei ministri e degli alti funzionari. Il commissario per le relazioni esterne e la politica europea di vicinato si è recato in Bahrein nell’aprile 2008 e ha espresso chiaramente il suo impegno per la tutela dei diritti dell’uomo sia al governo che ai difensori dei diritti umani. Nel corso dell’ultimo incontro ministeriale UE-Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG) del 29 aprile 2009, l’UE ha ribadito il suo interesse per la tutela e la promozione dei diritti dell’uomo nei paesi partner.
Per ultimo, la Commissione – attraverso le sue delegazioni e in coordinamento con le Ambasciate degli Stati membri – osserva attentamente gli sviluppi nei paesi partner interessati. Se una persona è soggetta a sanzioni penali, la Commissione esprime vigorosamente le proprie preoccupazioni alle autorità competenti in conformità alla dichiarazione delle Nazioni Unite sull’orientamento sessuale e l’identità di genere il 18 dicembre 2008.
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INTERROGAZIONE SCRITTA E-3393/09
di Sophia in ‘t Veld (ALDE), Marco Cappato (ALDE), Marco Pannella (ALDE), Jeanine Hennis-Plasschaert (ALDE), Renate Weber (ALDE) e Baroness Sarah Ludford (ALDE)
al Consiglio
Oggetto: Iniziative comunitarie contro la pena di morte in Iraq e le persecuzioni delle persone LGBT
Secondo una relazione di Amnesty International pubblicata il 20 marzo 2009[1], circa 130 persone in Iraq saranno a breve giustiziate, dato confermato dal Consiglio giudiziario supremo a nome del governo iracheno. Stando a quanto riportato, le autorità intenderebbero ripartire le esecuzioni effettuandone un numero di 20 a settimana. La pena di morte, sospesa per più di un anno in seguito all’invasione dell’Iraq, è stata reintrodotta l’8 agosto 2004. Da allora, centinaia di persone sono state condannate a morte: nel 2008 si sarebbero registrate almeno 285 condanne capitali, di cui per lo meno 34 eseguite. Secondo i dati relativi al 2007, sarebbero poi state 199 le condanne e 33 le persone giustiziate, mentre nel 2006 la pena capitale sarebbe stata inflitta ad almeno 65 persone. Il numero effettivo potrebbe essere ancora maggiore in quanto non esistono statistiche ufficiali che indichino il numero di prigionieri su cui pende una condanna a morte. Per la maggior parte dei condannati la sentenza è stata pronunciata dal Tribunale penale centrale dell’Iraq (CCCI), i cui processi violano costantemente le norme internazionali previste per un processo equo. È verosimile che alcuni detenuti siano stati giudicati colpevoli di reati quali omicidio e sequestro sulla base di confessioni strappate loro con la tortura dalle forze di sicurezza irachene. Il CCCI non ha effettuato indagini adeguate, o non ha indagato affatto, in merito alle presunte torture, metodo che le for
ze di sicurezza irachene praticano diffusamente nei confronti dei detenuti sotto la loro custodia. I gruppi LGBT internazionali e iracheni riferiscono che alcuni LGBT potrebbero essere stati giustiziati a causa del loro orientamento sessuale, e sostengono che sarebbero circa 60 le vittime della campagna condotta da dicembre dalla polizia irachena per liberare il paese dalla presenza degli omosessuali. Questa situazione ha indotto Amnesty International a chiedere un’azione urgente e concertata da parte del governo iracheno riguardo alle uccisioni[2].
Secondo un articolo[3] del 17 aprile, nella città di Sadr un gruppo iracheno avrebbe stilato una lista della morte in cui figurano soggetti potenzialmente omosessuali, appendendo manifesti con minacce di morte.
È il Consiglio a conoscenza della situazione? Può il Consiglio far sapere quali iniziative diplomatiche e politiche intende adottare per garantire che l’Iraq non proceda con le esecuzioni capitali, che la legge sia modificata affinché la pena di morte sia dichiarata illegale, che le autorità tutelino le persone LGBT dagli abusi perpetrati dalla polizia e dalle persecuzioni ad opera dei privati, e che ai perseguitati in Iraq e a coloro che rischiano la pena di morte nel caso di rimpatrio sia concesso l’asilo da parte degli Stati membri dell’UE?
E-3393/09
Risposta del Consiglio
(19 giugno 2009)
L’UE continua a seguire con particolare attenzione gli sviluppi in Iraq. Il Consiglio è pienamente a conoscenza della ripresa delle esecuzioni capitali e del fatto che il 3 maggio nella prigione di Kadhamiyah sono state eseguite dodici condanne capitali.
L’UE è pronta a reagire con fermezza qualora le esecuzioni proseguissero. Dal 12 maggio non ci sono state altre esecuzioni. In linea con gli orientamenti dell’UE in materia di pena di morte, l’Unione europea continuerà a sfruttare ogni occasione per sottolineare la sua posizione sulla pena capitale nei confronti del governo dell’Iraq e delle autorità irachene, e continuerà a invitare l’Iraq a introdurre una moratoria sulla pena di morte in vista della sua abolizione per legge.
Il Consiglio ha sempre richiamato l’attenzione dell’Iraq sull’importanza del rispetto dei diritti umani. Ritiene che le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale siano incompatibili con i principi di base su cui si fonda l’Unione europea. Il Consiglio è e continuerà ad essere impegnato a favore della prevenzione e dell’eliminazione delle discriminazioni fondate sui sei motivi di cui all’articolo 13 del trattato CE, tra cui l’orientamento sessuale.
L’UE si adopera attivamente all’interno delle Nazioni Unite per combattere il razzismo e la discriminazione, inclusa la discriminazione basata sull’orientamento sessuale. A tale riguardo la presidenza del Consiglio ha presentato una dichiarazione all’Assemblea generale del dicembre 2008 nella quale esorta gli Stati ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che l’orientamento sessuale o l’identità di genere non costituiscano in alcun caso una base per sanzioni penali, in particolare esecuzioni, arresti o detenzioni.
La Presidenza ceca ha rilasciato una dichiarazione a nome dell’UE il 17 maggio, in occasione della giornata internazionale contro l’omofobia, manifestando preoccupazione per le violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, in particolare il ricorso alla pena di morte per tali motivi, la pratica della tortura e di altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti, le detenzioni o gli arresti arbitrari, la negazione del diritto di riunione pacifica e la privazione dei diritti economici, sociali e culturali, incluso il diritto alla salute. La Presidenza ha anche esortato gli Stati ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che l’orientamenti sessuale e l’identità di genere non costituiscano in alcun caso una base per sanzioni penali, che le violazioni di tali diritti umani siano oggetto di indagini, che sia accertata la responsabilità degli autori dei reati e che questi siano assicurati alla giustizia.
Per quanto riguarda l’Iraq, l’UE inserisce tutte le questioni relative ai diritti umani nel suo dialogo politico con l’Iraq e promuove il principio della non discriminazione, che esige che i diritti dell’uomo si applichino allo stesso modo a tutti gli esseri umani indipendentemente dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere.
Per quanto riguarda l’esame delle domande di protezione internazionale, si rammenta che esso è di responsabilità degli Stati membri. In tale contesto, la direttiva 2004/83/CE del Consiglio (GU L 304 del 30.9.2004, pag. 12) stabilisce norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.
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Interrogazioni parlamentari, 7 maggio 2009, E-3394/09
INTERROGAZIONE SCRITTA di Sophia in ‘t Veld (ALDE), Marco Cappato (ALDE), Marco Pannella (ALDE), Jeanine Hennis-Plasschaert (ALDE), Renate Weber (ALDE) e Baroness Sarah Ludford (ALDE) alla Commissione
Oggetto: Iniziative comunitarie contro la pena di morte in Iraq e persecuzioni delle persone LGBT
Secondo una relazione di Amnesty International pubblicata il 20 marzo 2009(1), circa 130 persone in Iraq saranno a breve giustiziate, dato confermato dal Consiglio giudiziario supremo a nome del governo iracheno. Stando a quanto riportato, le autorità intenderebbero ripartire le esecuzioni effettuandone un numero di 20 a settimana. La pena di morte, sospesa per più di un anno in seguito all’invasione dell’Iraq, è stata reintrodotta l’8 agosto 2004. Da allora, centinaia di persone sono state condannate a morte: nel 2008 si sarebbero registrate almeno 285 condanne capitali, di cui per lo meno 34 eseguite. Secondo i dati relativi al 2007, sarebbero poi state 199 le condanne e 33 le persone giustiziate, mentre nel 2006 la pena capitale sarebbe stata inflitta ad almeno 65 persone. Il numero effettivo potrebbe essere ancora maggiore in quanto non esistono statistiche ufficiali che indichino il numero di prigionieri su cui pende una condanna a morte. Per la maggior parte dei condannati la sentenza è stata pronunciata dal Tribunale penale centrale dell’Iraq (CCCI), i cui processi violano costantemente le norme internazionali previste per un processo equo. È verosimile che alcuni detenuti siano stati giudicati colpevoli di reati quali omicidio e sequestro sulla base di confessioni strappate loro con la tortura dalle forze di sicurezza irachene. Il CCCI non ha effettuato indagini adeguate, o non ha indagato affatto, in merito alle presunte torture, metodo che le forze di sicurezza irachene praticano diffusamente nei confronti dei detenuti sotto la loro custodia. I gruppi LGBT internazionali e iracheni riferiscono che alcuni LGBT potrebbero essere stati giustiziati a causa del loro orientamento sessuale, e sostengono che sarebbero circa 60 le vittime della campagna condotta da dicembre dalla polizia irachena per liberare il paese dalla presenza degli omosessuali. Questa situazione ha indotto Amnesty International a chiedere un’azione urgente e concertata da parte del governo iracheno riguardo alle uccisioni(2).
Secondo un articolo(3) del 17 aprile, nella città di Sadr un gruppo iracheno avrebbe stilato una lista della morte in cui figurano soggetti potenzialmente omosessuali, appendendo manifesti con minacce di morte.
È la Commissione a conoscenza della situazione? Può la Commissione far sapere quali iniziative diplomatiche e politiche intende adottare per garantire che l’Iraq non proceda con le esecuzioni capitali, che la legge sia modificata affinché la pena di morte sia dichiarata illegale, che le autorità tutelino le persone LGBT dagli abusi perpetrati dalla polizia e dalle persecuzioni ad opera dei privati, e che ai perseguitati in Iraq e a coloro che rischiano la pena di morte nel caso di rimpatrio sia concesso l’asilo da parte d
egli Stati membri dell’UE?
1) http://www.amnesty.org/en/news-and-updates/news/scores-face-execution-iraq-six-years-after-invasion-20090320
2) http://iraqilgbtuk.blogspot.com/
3) http://www.nu.nl/algemeen/1950353/homos-op-iraakse-dodenlijst.html
(interrogazione in attesa di risposta)
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INTERROGAZIONE SCRITTA E-3671/09
di Marco Cappato (ALDE) e Marco Pannella (ALDE)
alla Commissione
Oggetto: Donazione di sangue da parte degli omosessuali
Lo scorso 27 marzo, a Milano, il signor Lorenzo Masili si è recato al Policlinico di Milano per la sua prima donazione di sangue.
Le verifiche dei parametri glicemici hanno dato buoni risultati e il signor Masili ha informato il medico di non avere mai avuto malattie infettive, di avere sempre avuto i valori ematici nella norma, di svolgere regolarmente attività sportiva, di godere di ottima salute e di avere da 8 anni un rapporto monogamico con il proprio compagno.
Il medico ha comunicato al donatore che egli è un ‘soggetto a rischio’, che i suoi rapporti intimi sono ‘tipicamente rischiosi’ e che egli stesso avrebbe dovuto immaginare, leggendo le regole d’accesso alla donazione, che non sarebbe stato idoneo.
Secondo quanto dichiarato dal Centro trasfusionale, “…l’esclusione dalla donazione di sangue di soggetti maschi i quali abbiano rapporti omosessuali – indipendentemente dal numero di partner – deriva dalle indicazioni della Commissione europea (direttiva 2004/33/EC[4]) e della legge italiana (Decreto ministeriale 13.4.2005, allegato 4), che appunto impediscono la donazione da parte di soggetti con comportamenti a rischio…”.
Può la Commissione chiarire se non ritenga:
– che nel caso descritto sia evidente un comportamento di grave discriminazione, che esula totalmente dai parametri medico-scientifici volti a stabilire chi è a rischio e chi non lo è riguardo alla donazione di sangue, e che quanto sostenuto a difesa di ciò non abbia alcun fondamento scientifico;
– che non sia la condizione di omosessualità o eterosessualità a rendere più o meno ‘a rischio’ una persona relativamente alla donazione di sangue, ma lo sia semmai lo stile di vita su alcuni specifici campi;
– che sia improprio il riferimento del Centro trasfusionale alla direttiva europea 2004/33/EC e al Decreto ministeriale italiano 13.4.2005, allegato 4, che non precisano in alcun caso l’esclusione dalla donazione del sangue delle persone che non hanno comportamenti sessuali a rischio, né, tantomeno, degli omosessuali?
E-3671/09IT
Risposta di Androulla Vassiliou
a nome della Commissione
(29.6.2009)
La Commissione rimanda gli onorevoli parlamentari alla sua risposta all’interrogazione scritta E-0910/09 del Sig. Romeva I Rueda, del Sig. Cashman e della Sig.ra In’t Veld[5].
Interrogazioni parlamentari
1o aprile 2009E-0910/2009
Risposta data da Androulla Vassiliou a nome della Commissione
La direttiva riguardante il sangue stabilisce le norme di minima relative alla qualità e sicurezza del sangue e dei suoi componenti. L’articolo 152, paragrafo 4, del trattato CE e l’articolo 4 della direttiva 2002/98/CE, accordano ad uno Stato membro la facoltà di mantenere in vigore o introdurre nel proprio territorio misure protettive più rigorose purché siano conformi al trattato CE, basati per esempio su circostanze epidemiologiche nazionali specifiche.
La Commissione inoltre desidera ricordare agli onorevoli parlamentari che la direttiva riguardante il sangue si prefigge lo scopo principale di evitare ogni rischio di trasmissione di malattie infettive ai destinatari del sangue e dei suoi componenti. In tale prospettiva la Commissione rinvia alla Risoluzione del Consiglio d’Europa CM/Res(2008)5 relativa alla responsabilità del donatore e alle restrizioni applicabili alla donazione di sangue e dei suoi componenti(1), in particolare il punto 4.1 che raccomanda di garantire che i centri ematologici in definitiva siano responsabili della qualità e della sicurezza del sangue e dei suoi componenti prelevati; i centri ematologici in particolare sono responsabili dell’accettazione finale o l’esclusione dei donatori alla luce di una valutazione dei rischi basata su dati epidemiologici aggiornati regolarmente, tenendo presente i diritti dei destinatari del sangue riguardo alla tutela della salute, e l’obbligo che ne deriva di minimizzare il rischio di trasmissione di malattie infettive. Tali diritti e doveri precedono ogni altra considerazione, inclusa la disponibilità di una persona a donare il sangue.
Come la Commissione ha indicato dalle risposte agli onorevoli parlamentari all’interrogazione E-5739/06(2), essa ha affrontato l’argomento con le autorità competenti degli Stati membri il 18 ottobre 2007.
Si è anzitutto inserita la seguente domanda in un questionario inviato agli Stati membri prima della riunione delle autorità competenti dell’ottobre 2007: Ci sono linee guida nazionali per la valutazione dei comportamenti sessuali a rischio («persone il cui comportamento sessuale le pone ad alto rischio di contrarre gravi malattie infettive che possono essere trasmesse attraverso il sangue»)? Le risposte complete fornite dagli Stati membri figurano nella tabella riepilogativa del questionario disponibile sul sito web della Direzione generale salute e tutela dei consumatori(3). La stessa domanda è stata posta nuovamente nel gennaio 2009, in occasione della riunione delle autorità competenti per il sangue. Le risposte fornite dagli Stati membri stanno ancora venendo registrate e saranno messe a disposizione del pubblico al più presto.
Le risposte al questionario del 2007 sono servite come base per un punto di discussione durante la riunione delle autorità competenti tenutasi il 18 ottobre 2007(4). Le conclusioni della discussione sono state le seguenti:
Negli ultimi mesi i parlamentari europei hanno rivolto alla Commissione numerose interrogazioni sulle norme in tema di rifiuto dei donatori, applicate a persone i cui comportamenti sessuali siano tali da esporle ad alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili per via ematica.
La Commissione ha incluso una domanda specifica su questo tema nel questionario per ottenere un quadro più completo delle politiche in questo campo. Nel corso dell’incontro alcune delegazioni hanno integrato le informazioni fornite nel questionario. Risulta evidente che le situazioni nazionali siano piuttosto disparate, in risposta alle diverse situazioni epidemiologiche nazionali. La Commissione e gli Stati membri concordano nel ritenere che occorra prestare maggior attenzione in futuro, tenendo conto del lavoro già svolto da altre organizzazioni internazionali come il Consiglio d’Europa o l’Organizzazione mondiale della sanità.
La Commissione conclude la riunione sottolineando che il principio dell’esclusione dei donatori di sangue sancito dalla direttiva ha in primo luogo lo scopo di garantire la sicurezza dei destinatari. Gli Stati membri tuttavia dovrebbero applicare le misure di sicurezza in modo commisurato alle circostanze. Un elemento importante da considerare in questo contesto è che le norme di selezione dei donatori si basano su dati epidemiologici nazionali aggiornati regolarmente. In ogni caso, è di fondamentale importanza informare correttamente l’opinione pubblica e le popolazioni specifiche circa i fattori sui quali si basano i criteri di selezione dei donatori.
(1)http://www.edqm.eu/en/Recommendations-71.html
(2)http://www.europarl.europa.eu/QP-WEB/home.jsp
(3)La tabella riassuntiva è consultabile al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/health/ph_threats/human_subs
tance/keydo_blood_en.htm
(4)La relazione riassuntiva è consultabile al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/health/ph_threats/human_substance/keydo_blood_en.htm
[1] http://www.amnesty.org/en/news-and-updates/news/scores-face-execution-iraq-six-years-after-invasion-20090320
[2] http://iraqilgbtuk.blogspot.com/
[3] http://www.nu.nl/algemeen/1950353/homos-op-iraakse-dodenlijst.html
[4] GU L 91 del 30.3.2004, pag. 25.
[5] http://www.europarl.europa.eu/QP-WEB/application/home.do?language=EN.