Sex Work is Work

Il 30 aprile, presso la sede del Partito Radicale, si è svolta la conferenza dal titolo “Sex Work is Work” organizzata dall’Associazione Radicale Certi Diritti, il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute e il Codacons.
L’occasione è stata quella di ricordare le condizioni di vita dei e delle sex worker e di portare al mondo della politica un pacchetto di proposte da inserire nel quadro di una possibile regolamentazione del lavoro sessuale.

L’audio-video della conferenza (a cura di Radio Radicale)

 

Cosa chiedono i lavoratori del sesso?

Leggendo le proposte di legge presentate dagli/dalle Onorevoli Parlamentari e Senatori/Senatrici è evidente che molte di quelle proposte contengono considerazioni moraliste che sottointendono un certo disvalore sociale della prostituzione. Già nel primo articolo pongono misure per la prevenzione del fenomeno e il reinserimento sociale delle prostitute che non volessero più esercitare
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Se questo è il principio filosofico della legge, allora ci chiediamo perché poi nell’articolato si prevede la regolamentazione del lavoro con norme fiscali che prevedono tasse e magari sapere quanti soldi guadagniamo?
Ci troviamo di fronte in questi casi a un legislatore che la pensa da abolizionista ma vuole regolamentare. Noi sex worker siamo considerati vittime in ogni caso. Non è un atteggiamento caritatevole ma bensì stigmatizzante. Gli aiuti e i programmi sociali per la prevenzione della prostituzione sono un chiaro invito/offerta a cambiare stile di vita. Un modo per dire che il nostro comportamento è socialmente deviante, che forse abbiamo bisogno dello psicologo, è indecoroso vederci per strada, meglio se stiamo rinchiuse.
Si dà spazio nelle proposte anche alla questione della tratta, come se non esistessero già le leggi contro la tratta.
Per combattere la tratta abbiamo già le leggi 286 del 1998 e 228 del 2003, non serve confondere il lavoro sessuale con la tratta. Non ci pare che quando si stabiliscono le regolamentazioni per altri servizi o lavori si pensi in primis a combattere il traffico di persone, o perlomeno si parli di quello.
Una delle cose positive che ha spinto molto le donne a denunciare per liberarsi dai loro sfruttatori è stata la possibilità di avere un permesso di soggiorno in cambio. Diventare legalmente libera di circolare e lavorare in Italia è stato il motivo che le ha spinte a entrare in un programma antitratta.
Nelle proposte qualcuno chiede che si predispongano albi professionali o registri presso l’autorità di Pubblica Sicurezza, questa autorità dovrebbe poi comunicare ai servizi sociali i nomi di chi si registra. In altre proposte l’iscrizione si fa alla Camera di Commercio che però deve comunicare alla Pubblica Sicurezza. Per la registrazione servono vari documenti e perfino il certificato penale.
Crediamo che queste richieste siano il frutto di un grave pregiudizio nei confronti dei/delle sex worker e anche di idee confuse riguardo gli aspetti criminali che ci affliggono.
Come è possibile pensare che un lavoratore/lavoratrice debba essere esaminato e autorizzato dalla polizia per accedere ad un lavoro?
Sorge un dubbio: siamo visti come fossimo dei criminali? O che sia un lavoro scelto solo da chi ha un profilo da delinquente? Siamo oggetto ogni giorno di retate, intimazione ad allontanarci, discriminazioni e abusi di potere, fogli di via e denunce. Sono le leggi che ci fanno diventare criminali. La criminalizzazione che viene fatta con la legge di pubblica sicurezza per esempio: ci sono persone che si trovano in carcere solo perché si prostituiscono e non hanno rispettato l’ordine di una pattuglia di polizia che intimava di andarsene da quel luogo. Vi pare normale?
Ora vogliono cambiare, ma vi sembra giusta una proposta di legge che prevede la condanna al carcere per una persona che incontra un cliente senza essere registrata? Ve lo ricordate il bel film con Monica Vitti che doveva pagare le rate del frigorifero? Quante donne nella realtà attuale della crisi potrebbero trovarsi nella medesima situazione di emergenza? Vogliamo obbligarle a iscriversi come prostitute per tre marchette al mese? Oppure mandiamo in carcere una donna che per una bolletta da pagare scende a cercare un cliente?
Non sappiamo come sarà regolata alla fine questa registrazione ma per tutelare le persone e la loro vita privata si potrebbe pensare che, contestualmente all’iscrizione nel Registro, venga rilasciato un tesserino identificativo nel quale il nome della persona iscritta, che esercita la prostituzione, potrebbe essere indicato anche con uno pseudonimo.
Pochi si ricordano di raccomandare la cancellazione dai registri di chi cessa attività garantendo la privacy, ed è importante che ciò venga garantito.
Controlli sanitari: quasi tutti li prevedono e le sanzioni arrivano fino a 200.000 euro e fino cinque anni di carcere.
Ci sarebbe davvero molto da dire su questo punto. C’è perfino chi vorrebbe dare mandato ai clienti di controllare i nostri tesserini per vedere se ci siamo sottoposte ai controlli, quando sappiamo bene che i clienti sono i primi a chiedere rapporti a rischio. Non solo chi offre ma anche chi domanda servizi sessuali: tutti sono egualmente coinvolti e responsabili per i propri comportamenti.
Le Agenzie mondiali OMS e UNAIDS hanno più volte dichiarato che non è di nessuna utilità per la riduzione della diffusione delle IST (Infezioni Sessualmente Trasmissibili) sottoporre chi lavora nel mercato del sesso a controlli obbligatori. Non vi è dubbio però che si debba incoraggiare i controlli volontari e soprattutto la prevenzione.
Ogni strumento per prevenire, cominciando dalla diffusione di informazioni corrette, garantire l’accessibilità ai servizi sanitari pubblici gratuiti e di buona qualità per controlli preventivi e la cura delle IST e di altre patologie infettive, tutto deve essere garantito dal Servizio Sanitario Nazionale. Citiamo alcuni riferimenti riguardo le responsabilità su cui devono basarsi le leggi ( Oslo Declaration on HIV Criminalisation.
Bisogna prevedere interventi diretti alla formazione delle persone che intendono esercitare il lavoro sessuale, con finalità informative sia di carattere tecnico legale sia di prevenzione e riduzione dei possibili danni sanitari connessi a tale attività, sia per chi la svolge sia per chi ne fruisce, favorendo in particolare la sensibilizzazione circa l’importanza di frequenti controlli medici ai quali viene facilitato l’accesso.
Inoltre va inserita la questione della tutela del diritto alla sessualità ed al benessere psico-fisico delle persone disabili a ridotta autosufficienza motoria, promuovendo interventi diretti alla formazione di soggetti che, al termine del percorso formativo, sarebbero abilitati a svolgere la funzione di assistenti per la sana sessualità ed il benessere psico-fisico di quelle persone che desiderano questo servizio. Non escluderemmo che si potesse arrivare a fare delle convenzioni con le ASL.
Lavoro non subordinato. Si deve evitare che ci siano dei gestori a fare una selezione fra i/le lavoratori/trici e che dettino le regole e le condizioni ai/alle lavoratori/trici che specialmente se stranieri/e – che possono essere facilmente sottoposte a ricatti economici. Si deve sostenere l’autoimprenditorialità e l’autogestione. Questo richiederà uno sforzo informativo e anche formativo per una categoria di lavoratrici che fino ad oggi ha vissuto in un sistema abolizionista che ha prodotto condizioni di lavoro precarie e non ha favorito l’autonomia. Per questo non ci saranno grandi bordelli come quelli che abbiamo alle nostre frontiere, come in Austria. Ma si consentirà che le lavoratrici si organizzino in piccole strutture per mutuo aiuto nell’autorganizzazione. Rendere queste minuscole società legali per legge e le lavoratrici legittimate consentirà anche di accedere al credito legale presso le banche e non a dover ricorrere ai prestiti ad usura come avviene oggi per chi fa questo lavoro e si trova in difficoltà. Parallelamente uno sforzo per sensibilizzare gli attori sociali le istituzioni all’accoglienza non discriminatoria delle nuove figure professionali, affinché si superi l’atteggiamento di stigma e pregiudizio che ostacola la completa integrazione di queste lavoratrici.
Tasse. Oltre alle tasse sul reddito quasi tutti prevedono l’IVA. C’è anche una proposta che prevede un costo fino a 6mila euro per il rilascio di una licenza di lavoro della validità di sei mesi. Non ci pare che i parrucchieri paghino per ottenere una licenza e poi ogni sei mesi.
Per prima cosa siamo convinte che ci sia il rischio che molte persone cerchino di lavorare nel sommerso anziché pagare tanti balzelli, è successo perfino in Germania che poche si sono adeguate a pagare le tasse perché le richieste erano troppo esose.
Per quanto possibile si deve applicare un sistema forfettario e prevedere l’esonero dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili.
Chi è contribuente deve avere diritto al sistema previdenziale con l’iscrizione all’INPS. Cerchiamo anche di riparare al danno che hanno subito tutte quelle persone alle quali l’Agenzia delle Entrate ha chiesto e sta chiedendo di pagare le tasse sui redditi senza che lo Stato abbia mai stabilito come farlo. Queste somme anche ingenti sono state pagate senza avere un riscontro in fatto di diritti previdenziali. Si preveda una norma che consenta a chi è stato dichiarato produttore di reddito da prostituzione di recuperare ai fini pensionistici quanto versato.
Pubblicità purchè non offenda il pudore. Abbiamo letto DDL che parlano di offesa al pudore, ci pare di tornare indietro di 50 anni. Mantenere espressioni linguistiche di questo tipo nella legge è un atto di svalutazione e stigmatizazione delle persone che offrono servizi sessuali. La pubblicità del proprio lavoro è importante e può essere proposta nelle apposite rubriche come regolata per altre attività.
Zoning. La prostituzione libera e non organizzata come previsto dalla legge Merlin per molti anni è stata tollerata in strada ma perseguita al chiuso. Questo ha sortito l’effetto che nel nostro Paese più che in altri si è consolidata la prostituzione di strada. La strada come luogo di incontro ma anche di consumo, con pochi divieti in passato, senza costi di affitto, di sosta o altro. Dove non sono apparse figure criminali a sfruttare e ricattare, la strada è stata il luogo più economico per comprare sesso e per venderlo senza costi di impresa e di mediazione. Ma a volte le strade sono state anche un luogo poco sicuro perché isolate e buie, lasciate nel degrado. In certi contesti la condizione di isolamento è tale da consentire aggressioni di malintenzionati e di criminali che coinvolgono lavoratori/trici e clienti, i casi di violenza non sono rari purtroppo, anche gli omicidi di donne e transessuali sono troppi. In alcuni Paesi le amministrazioni che hanno gestito con leggi diverse la prostituzione hanno usato la creazione di zone dedicate per la prostituzione all’aperto, zone attrezzate con dei servizi e una discreta sorveglianza per garantire la sicurezza a chi vi lavora. Olanda per prima in periodo pre-regolamentazione aveva zone aperte dal pomeriggio alle prime ore dell’alba, dove oltre ai servizi igenici vi era un drop-in center per la prevenzione e l’informazione sulla salute con distribuzione di preservativi e la presenza di un operatore, recentemente anche a Zurigo in Svizzera si sono creati i box del sesso. Anche qui in Italia si è discusso delle zone speciali da dedicare alla prostituzione, il Comune di Venezia aveva sperimentato uno zoning che in realtà altro non era che il consenso su alcune strade e un aumentata sorveglianza di Polizia con un intervento degli operatori sociali con Unità di Strada. Ma la legge Merlin è poco flessibile e si presta più a combattere l’adescamento e il favoreggiamento, così insieme alle leggi di pubblica sicurezza e decreti vari sono stati questi gli strumenti usati per affrontare la prostituzione come se fosse esclusivamente un fenomeno criminale. Pensare alla gestione del mercato del sesso come alla gestione di un mercato all’aperto di ambulanti potrebbe aiutare a trovare delle soluzioni che soddisfino la cittadinanza che si sente disturbata dal fenomeno e allo stesso modo dare luoghi più sicuri per tutti.
Deve esserci chiarezza se si intendono le zone solo per l’adescamento o anche per l’esercizio delle prestazioni perché è evidente che fa la differenza, la prostituzione di strada dovrebbe poter far parte dei piani urbanistici di sviluppo delle aree urbane. In Europa altri esperimenti di integrazione di aree urbane che avevano subito un degrado con una politica di integrazione e commercio sessuale e zona di cultura e creativa si sono dimostrati vincente (a Barcellona, Anversa). È strategico che l’ANCI partecipi a creare linee guida per la gestione di un fenomeno sociale così rilevante per le città, le città devono combattere il degrado urbano e l’esclusione sociale, devono saper trasformare quello che oggi viene considerato un disvalore in opportunità. Le città godono di una posizione privilegiata per promuovere l’innovazione, offrendo alle imprese di tutte le dimensioni gli ambienti dinamici di cui hanno bisogno. Una regia centrale per seguire le evoluzioni del fenomeno per fare in modo che sia integrato in un sistema di cooperazione fra partners, inteso come Servizi istituzionali coinvolti e rappresentanti di società civile e lavoratrici. Tutto per combattere l’esclusione e il degrado, per il benessere e la salute delle lavoratrici e per combattere le ricadute negative del fenomeno, compresi i danni e il disagio sociale.
 
Una definizione auspicabile di prosituzione:
Per prostituzione si intende la volontaria offerta e/o prestazione, in modo continuativo o saltuario e a fini di lucro, di attività sessuale o erotica svolta individualmente ovvero in forma associata. Essa può essere svolta anche on line attraverso siti web o altri mezzi di comunicazione a ciò dedicati.
La prostituzione, costituisce attività lecita; nessuno può essere costretto a praticarla, né chi la pratica può essere oggetto di discriminazioni.
L’attività di prostituzione non può essere disciplinata da contratto di lavoro subordinato dovendo rimanere contraddistinto il carattere sempre libero e volontario di ogni singola prestazione. Solo esercitata da persone che abbiano la maggiore età.
La prostituzione è consentita nei luoghi dei quali chi la esercita abbia la legale disponibilità; se si intende esercitarla in appartamenti inseriti in contesti condominiali, essa non dovrà essere vietata dal relativo Regolamento. Se si tratta di locali concessi in locazione, il canone non dovrà essere superiore a quello previsto per locali analoghi aventi altre destinazioni. Se si tratta di autoveicoli, gli stessi dovranno sostare in zone consentite di cui al successivo comma.
Lo svolgimento dell’attività di prostituzione è vietato in luoghi pubblici o esposti al pubblico e deve essere impedita la presenza di minorenni, anche se familiari del soggetto che si prostituisce.
 

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