Belgio: svolta storica per il sex work

Domenica 1 dicembre 2024, il Belgio ha segnato un momento epocale con l’entrata in vigore di una legge che riconosce ufficialmente il lavoro sessuale come una professione legittima, garantendo diritti fondamentali come l’assicurazione sanitaria, il congedo di maternità, la pensione e l’indennità di disoccupazione. Sex worker potranno inoltre rifiutare clienti, scegliere le pratiche sessuali e interrompere una prestazione in qualsiasi momento senza conseguenze sul contratto di lavoro.

La riforma non si limita a riconoscere diritti individuali, ma introduce anche rigidi protocolli per i datori di lavoro, che dovranno ottenere un’autorizzazione statale, rispettare stringenti norme di sicurezza e non avere precedenti penali per aggressione sessuale o traffico di esseri umani. Sarà inoltre obbligatorio fornire alle dipendenti materiali igienici, preservativi e lenzuola pulite, oltre a installare un pulsante d’emergenza in ogni stanza.

Isabelle Jaramillo, coordinatrice di Espace P, ha dichiarato che questa legge rappresenta un grande passo avanti, sottolineando come la professione sia ora riconosciuta dallo Stato come legittima. Tuttavia, c’è chi avverte che la legge non risolve completamente i problemi legati alla stigmatizzazione e ai rischi del mestiere, soprattutto per le persone migranti prive di permesso di soggiorno, esposte ancora a situazioni di sfruttamento.

Questa legge segue la decriminalizzazione del sex work già avvenuta nel 2022, ma il Belgio è ora il primo Paese a offrire una vera protezione sociale alle e ai sex worker, superando anche realtà come Germania e Paesi Bassi. È un esempio di come il riconoscimento legale possa essere uno strumento contro lo sfruttamento, anche se restano da affrontare questioni legate alla formazione delle forze dell’ordine e alla tutela delle lavoratrici più vulnerabili.

In Italia, Certi Diritti aveva cercato di portare in Parlamento una proposta di legge di iniziativa popolare per riconoscere il lavoro sessuale come lavoro.

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