L’allarme delle associazioni LGBTI sul decreto della Farnesina sui paesi di origine "sicuri"

La lista predisposta non solo è totalmente priva di qualsiasi motivazione ma elenca una serie di paesi che non rispondono a quei criteri di Stato di diritto che avrebbero dovuto essere valutati.

Le associazioni Certi Diritti, Il Grande Colibrì e Renzo e Lucio, realtà interculturali LGBTI (lesbiche, gay, bisessuali, trans, intersex) esprimono grande preoccupazione per il nuovo “decreto immigrazione” a firma Di Maio, Lamorgese e Bonafede. In questo vengono elencati 13 Paesi che per ora l’Italia considera “paesi di origine sicuri”, cioè rispettosi dei diritti umani: Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Senegal, Serbia, Tunisia e Ucraina. Tali scelte non sono state minimamente argomentate e neppure è stata utilizzata la possibilità prevista dall’art. 2-bis d. lgs. n. 25/2008 di escludere categorie o gruppi di persone che, pur provenendo da quelle nazioni, in realtà vengono perseguitati.

Come spiega Gabriella Friso di Certi Diritti, “per le persone richiedenti asilo che arrivano da questi paesi si applicherà una procedura accelerata. Il diniego alla loro domanda di protezione potrà limitarsi ad affermare che provengono da un paese sicuro e che non hanno dimostrato l’eccezionalità della loro situazione individuale. A questo – prosegue Friso – si aggiunge l’assenza dell’effetto sospensivo per l’eventuale ricorso: al primo diniego scatterà l’espulsione”.
In questi Paesi è dimostrabile che esistono persecuzioni nei confronti delle donne, delle minoranze sessuali, etniche, religiose e politiche, nonché violenze legate al fenomeno della tratta.
Secondo le nostre associazioni, questa scelta del Governo mette a repentaglio il diritto di asilo proprio delle categorie più vulnerabili, in evidente violazione tanto della Costituzione (artt. 3 e 10) quando della Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati (art. 3).
La lista predisposta non solo è totalmente priva di qualsiasi motivazione, in modo alquanto imbarazzante, ma soprattutto elenca una serie di paesi che evidentemente non rispondono a quei criteri di Stato di diritto che nella stesura dell’elenco avrebbero dovuto essere valutati.
Limitandoci al caso di persone appartenenti a minoranze sessuali, ci si chiede come si possa immaginare che “non sussistono atti di persecuzione […] né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante” in alcuni dei “paesi  di origine sicuri” proposti dal decreto: Algeria, Ghana, Marocco, Senegal e Tunisia puniscono i rapporti omosessuali tra adulti consenzienti con il carcere, come dimostrano numerosi casi anche molto recenti. In altri paesi, come Albania, Kosovo e Ucraina, l’omotransfobia sociale è molto forte e i casi di violenza frequenti, tanto da impedire alle persone LGBTIun’espressione piena e serena della propria identità.
Lyas Laamari, vicepresidente de Il Grande Colibrì e rifugiato algerino, spiega: “In Algeria una persona omosessuale rischia innanzitutto di subire test anali, una pratica umiliante e dolorosa che viene assimilata alla tortura. Poi può ricevere una condanna fino a tre anni di carcere e nelle prigioni avvengono spesso umiliazioni, pestaggi e torture. Come può essere definito un paese sicuro?”.
L’art. 2-bis d. lgs. n. 25/2008, al comma 2, prevederebbe anche che “la designazione di un paese di origine sicuro può essere fatta con l’eccezione di parti del territorio o di categorie di persone”. Questo non avviene in nessuno dei 13 casi proposti dal decreto Di Maio. Il provvedimento non offre nessuna attenzione alle particolari condizioni di discriminazione e persecuzione che in alcuni dei paesi elencati soffrono le minoranze sessuali, come pure le minoranze religiose, etniche, politiche.
Per questi motivi, le nostre associazioni condannano con forza il decreto Di Maio. Il presidente de Il Grande Colibrì, Pier Cesare Notaro, afferma: “Constatiamo con amarezza come non esista nessuna discontinuità dalla linea, profondamente xenofoba e lesiva di diritti umani fondamentali, dettata dagli ex ministri Minniti e Salvini”.
“Le forze della maggioranza dimostrino di avere davvero a cuore i diritti umani: non possono difenderli a parole solo per colpire l’avversario politico quando sono all’opposizione e poi calpestarli quando sono al potere” afferma Mauro Pirovano, presidente di Renzo e Lucio.

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