Omotransfobia a scuola: le regioni introducano il divieto di tutte le discriminazioni in leggi regionali che stabiliscono requisiti per accreditamento dei centri privati di formazione professionale
Il caso dello studente di Monza espulso dalla classe perché gay, solleva la questione dei requisiti per accedere ai sistemi regionali di formazione e istruzione professionale: mentre per accedere al sistema nazionale di istruzione le scuole devono rispettare requisiti ben precisi, tra i quali è espressamente previsto il divieto di tutte le discriminazioni, ciò non accade in Regione Lombardia e chissà quante altre.
L’art. 1, comma 3 della legge 10 marzo 2000, n. 62 dice: “Alle scuole paritarie private è assicurata piena libertà per quanto concerne l’orientamento culturale e l’indirizzo pedagogico-didattico. Tenuto conto del progetto educativo della scuola, l’insegnamento è improntato ai principi di libertà stabiliti dalla Costituzione repubblicana. Le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap. Il progetto educativo indica l’eventuale ispirazione di carattere culturale e religioso. Non sono comunque obbligatorie per gli alunni le attività extra-curriculari che presuppongono o esigono l’adesione ad una determinata ideologia o confessione religiosa.»
«Al posto di giocare al censore, il consiglio regionale lombardo dovrebbe includere nella legge regionale che stabilisce i criteri di accreditamento per i centri privati di formazione professionale il divieto esplicito di tutte le discriminazioni», afferma Yuri Guaiana, segretario dell’Associazione Radicale Certi Diritti, che conclude: «chiediamo di fare altrettanto anche a tutte le altre Regioni italiane, per evitare che casi osceni come quello di Monza si ripetano».