Tribunale di Milano assolve un ragazzo gay che ha reagito all’omofobia dell’ex Sindaco di Sulmona postando su youtube un duro commento indignato.
I fatti risalgono al lontano 2010 quando l’allora Sindaco di Sulmona (l’Aquila), il “medico” Fabio Federico, in una intervista pubblicata su youtube («I gay e Federico – versione integrale»·) affermava che “l’omosessualità sarebbe una patologia di carattere genetico, come la sindrome di Down, che gli omosessuali sarebbero “aberrazioni genetiche” e quindi persone da curare in quanto avrebbero fatto una scelta contraria rispetto alle determinazioni della natura”.
Queste e altre sue affermazioni del medesimo tenore avevano scatenato una reazione molto forte ed indignata di alcune persone LGBTI che si sentirono profondamente offese
Fabio Federico querelò i responsabili e da allora la magistratura ha indagato sull’accaduto. Per alcuni dei denunciati le indagini si sono concluse con una archiviazione, non così per F. M. che ha dovuto affrontare un processo nei giorni scorsi a Milano. F.M. è però stato assolto perché il giudice milanese ha riconosciuto l’esimente della provocazione cioè che la condotta diffamatoria del ragazzo deve essere valutata esaminando il contenuto che l’ha provocata senza dubbio dettato dall’odio e dalla omofobia. Le motivazioni della decisione saranno disponibili solo fra 60 giorni.
L’Avvocata Barbara Indovina che ha difeso l’imputato spiega che “il giudice ha ritenuto di applicare la discriminante dell’aver reagito a una provocazione. E di provocazione deve senza dubbio ritenersi, attese le affermazioni gravemente discriminatorie e scientificamente errate”.
“Da provocatore, l’ex sindaco di Sulmona, non è riuscito a trasformarsi in vittima”, commenta Yuri Guaiana, segretario dell’Associazione radicale Certi diritti che ha supportato la difesa del ragazzo: “Per quanto ne sappiamo è la prima volta che la causa di non punibilità di cui all’art. 599 c.p. viene applicata a un caso che ha a che fare con delle reazioni, pure offensive, ad affermazioni omofobe. Per fortuna il Gip di Milano ha riconosciuto che denigrare per motivi discriminatori e poi pretendere di silenziare le reazioni, anche animate, di chi si sente offeso, non è più possibile in Italia. D’altronde già il pubblico ministero aveva definito la reazione dell’indagato “anche sin troppo contenuta rispetto alla gravità delle affermazioni di chiaro stampo omofobo rese dalla parte offesa”.”.