Matrimonio egualitario e registro unioni civili: associazione radicale Certi Diritti replica a De Corato e Forte
Comunicato dell’Associazione Radicale Certi Diritti
Milano, 30 luglio 2012
Evidentemente gli ambienti del centro-destra milanese hanno apprezzato il testo “Dal cuore delle coppie al cuore del diritto. L’udienza alla Corte Costituzionale per il diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso” che l’Associazione Radicale Certi Diritti ha regalato a tutti i consiglieri comunali di Milano in occasione del dibattito sul registro delle unioni civili (http://www.certidiritti.it/notizie/comunicati-stampa/item/1540-registro-unioni-civili-a-milano-l’associazione-radicale-certi-diritti-regala-una-copia-del-libro-dal-cuore-delle-coppie-al-cuore-del-diritto-a-tutti-i-consiglieri-comunali), peccato che abbiano fatto una lettura selettiva di esso e della sentenza della Corte Costituzionale 138/2010.
Dichiarazione di Yuri Guaiana, segretario dell’Associazione Radicale Certi Diritti e curatore del libro “Dal cuore delle coppie al cuore del diritto. L’udienza alla Corte Costituzionale per il diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso”:
Sento la necessità di fare alcune precisazioni sulle dichiarazioni rese oggi, lunedì 30 luglio 2012, dai consiglieri De Corato e Forte a “Il Giornale” per ristabilire la distinzione necessaria che intercorre tra il registro delle unioni civili, che attiene al livello amministrativo, e il tema, regolato dalla legge nazionale, del matrimonio egualitario: dire che la delibera sulle unioni civili vuole introdurre il matrimonio gay in Comune è piuttosto fantasioso, oltre che contraddittorio rispetto alla pretesa inutilità dell’atto. Capisco l’entusiasmo di chi legge per la prima volta la sentenza, ma non esageriamo: il Comune ha solo deciso di garantire alle famiglie non matrimoniali “condizioni non discriminatorie” di accesso ai suoi servizi e nelle materie di propria competenza. Il provvedimento non dice affatto che si voglia “usare la famiglia anagrafica per equiparare le convivenze all’istituto del matrimonio”, per citare la sentenza del Tar del Veneto del 2007 tanto cara ai consiglieri del PDL. Facessero pure ricorso, sarà un’altra occasione di dibattito su un tema importante, ma cerchino di leggere la delibera 74, meglio della sentenza della Corte Costituzionale. Su una cosa sono d’accordo con De Corato: il compromesso con i cattolici del PD e i laici del PDL a reso la procedura prevista dalla delibera molto farraginosa, rispetto alla semplicità del modello torinese, ma questo non diminuisce affatto l’importanza della delibera il cui cuore impegna il Comune a superare situazioni di discriminazione e favorire pari opportunità tra famiglie matrimoniali e non matrimoniali.
Se poi si vuole parlare in modo serio del tema del matrimonio egualitario siamo disposti a un confronto pubblico, magari invitando anche Annamaria Bernardini de Pace che – in un articolo del 23 luglio scorso, sempre su “Il Giornale” – pur criticando il registro delle unioni civili, ha affermato: “Già tante sentenze hanno detto che la legge matrimoniale, del 1942, dovrebbe adeguarsi alla Costituzione, del 1948, rendendo attuale il matrimonio anche agli omosessuali. Senza del quale continuano a essere ingiustamente discriminati: perché c’è confusione tra nozze civili e canoniche; perché non c’è scritto nella Costituzione che i coniugi non possano essere dello stesso sesso, perché il matrimonio laico non obbliga alla procreazione; perché l’intento solidaristico non può vietarsi a chicchessia, se ha i presupposti per sposarsi, tra i quali non è previsto il sesso”. Se proprio non vogliono leggere i bravi editorialisti de “Il Giornale”, i consiglieri del PDL avrebbero potuto leggere più scrupolosamente la sentenza 138/2010 per scoprire che essa riconosce esplicitamente all’unione omosessuale “il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone […] il riconoscimento giuridico”.
La Corte dice inoltre che “Si deve escludere, tuttavia che l’aspirazione a tale riconoscimento […] possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazioni delle unioni omosessuali al matrimonio”. Usando l’avverbio “soltanto” (per i giuristi le parole contano, cari consiglieri!), la Corte riconosce quindi anche l’equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio come costituzionali e come una strada che il Legislatore potrebbe percorrere. Certo, la Corte dice che la Costituzione non impone il matrimonio tra le persone dello stesso sesso, ma da qui a vietarlo, ce ne corre.