David Kato Kisule

David Kato Kisule (Nakawala, 15 febbraio 1964 – Kampala, 26 gennaio 2011), Il più giovane di due gemelli, motivo per cui come da tradizione ugandese ha preso il secondo nome Kato, ha studiato al King’s College Budo e all’Institute of Teacher Education Kyambogo dove ha conseguito il diploma da insegnante. David Kato Kisule è stato un insegnante e attivista ugandese, considerato uno dei padri del Movimento LGBTI in Uganda.
Nel 1998, appena tornato da alcuni anni d’insegnamento a Johannesburg, in Sud Africa – dove aveva visto crollare l’apartheid, e con esso le vecchie leggi contro la sodomia, decise di rendere pubblica la propria omosessualità, partecipando ad una conferenza stampa in televisione, al termine della quale viene fermato, picchiato ed arrestato dalla polizia, questo momento segnerà l’inizio del suo attivismo per i diritti della comunità LGBTI, nel suo paese. Nel 2004 divenne il co-fondatore di Sexual Minorities Uganda (SMUG), e lanciando varie campagne contro la legge sulla Sodomia e il disegno di legge anti-omosessualità (2009).
Era il funzionario conciliatore del gruppo, in parte perché sapeva muoversi nei labirinti della legge, ma soprattutto perché era uno che parlava con voce sonora, perché era impaziente, esigente, arrabbiato, e non gli importava che la sua faccia fosse il simbolo dell’“Uganda Gay” per i giornali scandalistici. Nel 2010 aveva lasciato il suo lavoro da insegnante per concentrarsi a tempo pieno nel suo lavoro con SMUG, soprattutto alla luce della recrudescenza e del numero sempre maggiore di episodi di violenza a sfondo omofobico, seguiti alla presentazione in parlamento del disegno di legge “Anti-Homosexuality Bill”. Il 4 di Ottobre del 2010 il nome di Kato e’ il primo di una lista di 100 nomi che il tabloid ugandese Rolling Stone pubblica chiedendone l’esecuzione in quanto omossessuali; Kato, con Kasha Jacqueline e Onziema Patience, altri due membri di SMUG, denunciano la rivista per far sì che interrompesse la pubblicazione delle foto e dei nomi di persone omosessuali o presunte tali La petizione accolta dall’Alta Corte Ugandese, il 2 novembre 2010 imporrà al Rolling Stones ma anche ad altre eventuali testate di cessare la pubblicazione di foto ed indirizzi di persone omosessuali o presunte tali.
Il 27-28 novembre 2010 partecipò al IV Congresso dell’Associazione Radicale Certi Diritti alla quale si era iscritto. Il 3 gennaio 2011 l’Alta Corte di Giustizia attraverso una sentenza di Kibuuka Musoke si è espressa con una sentenza secondo la quale la pubblicazione delle liste della rivista Rolling Stone e la relativa incitazione alla violenza della stessa hanno rappresentato una minaccia alla libertà ed ai diritti umani fondamentali di tutte le persone coinvolte, attaccando il loro diritto alla dignità umana e violando il diritto costituzionale alla privacy. Il 26 gennaio 2011 attorno alle 14:00 Kato verrà aggredito nella sua casa a Bakusa da almeno un uomo che lo ha colpito due volte alla testa con un martello; Kato morirà più tardi nella strada per il Kawolo Hospital; da settimane David ma anche molti suoi colleghi ed amici avevano riferito di una continua escalation di minacce e molestie a seguito della vittoria in tribunale. I funerali di David si sono tenuti il 28 gennaio 2011 a Nakawala alla presenza della famiglia, degli amici e dei colleghi d’attivismo, molti dei quali indossavano magliette con la sua foto sul petto, la frase portoghese “la [sic] luta continua” sulla schiena e la bandiera arcobaleno sulle maniche, e di una cospicua presenza di rappresentanti internazionali. Nonostante ciò il sacerdote, durante la cerimonia, ha predicato contro i gay e le lesbiche citando Sodoma e Gomorra prima che gli attivisti salissero sul pulpito per strappargli il microfono obbligandolo a rifugiarsi nella casa del padre di Kato. In seguito gli abitanti si sono rifiutati di seppellire Kato e la sepoltura è stata eseguita dai suoi amici e colleghi. Al posto del sacerdote andatosene dopo gli scontri, Christopher Ssenyonjo, vescovo scomunicato dalla Chiesa Anglicana d’Uganda, ha officiato la cerimonia di sepoltura.
Il presidente Barack Obama, il segretario di Stato Hillary Clinton, così come l’Unione Europea hanno condannato l’omicidio e hanno esortato le autorità dell’Uganda ad indagare sull’assassinio ed a schierarsi apertamente contro l’omofobia e transfobia. “Sono profondamente rattristato di sapere del suo omicidio”, ha detto Obama: “David ha dimostrato grande coraggio nello schierarsi apertamente contro l’odio. Era un grande testimone dei valori di uguaglianza e libertà”. Il 2 febbraio 2011 la polizia ha annunciato l’arresto di Nsubuga Enock reo confesso dell’omicidio che avrebbe ucciso David perché quest’ultimo non voleva pagarlo per dei favori sessuali; versione confermata dalla polizia ugandese che si è sempre rifiutata di prendere in considerazione possibili altri moventi e di compiere indagini più profonde e appropriate, suscitando non molti dubbi anche a livello internazionali. Enock sarà condannato con rito abbreviato da lui richiesto, a trent’anni di prigione, senza nessun tipo di dibattimento e senza nessuna comunicazione ne’ ai familiari ne’ tantomeno all’avvocato Francis Onyango difensore di David.
Al momento della sentenza, alcuni leaders del movimento ugandese per i diritti LGBTI si trovavano a Washington dove uno di loro, Frank Mugisha ha ricevuto il Robert F. Kennedy Human Rights Award proprio per il suo impegno a favore dei diritti di gay, lesbiche, transgender, bisessuali e intersex in Uganda. Questa è stata la prima volta che questo premio è stato assegnato a un attivista per i diritti LGBTI.
A noi David piace ricordarlo e ricordarvelo per il suo impegno nel cambiare la società ugandese, per l’amore per il suo paese; in numerose interviste concesse più volte durante i suo viaggi fuori dall’Uganda, più di una volta gli era stato chiesto “perché rientra nel suo paese” e la sua risposta era sempre stata la stessa: “Il mio compito è quello di restare nel mio paese per combattere l’omofobia». Una lotta per l’amore e contro l’odio. Una lotta per il rispetto e contro la violenza. Una lotta per la difesa di chi è più debole contro l’intolleranza, l’omofobia istituzionalizzata e contro ogni forma di estremismo religioso”.

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