Rainbow flag Senza categoria di Natalia Lombardo, su L'Unità, 15 aprile 2010

La Corte Costituzionale ha respinto come «inammissibili e infondati» i ricorsi sui matrimoni gay. Furono presentati dal tribunale di Venezia e dalla Corte di Appello di Trento per chiedere un parere sulla illegittimità costituzionale di alcuni articoli del codice civile che impediscono le nozze tra persone dello stesso sesso. Tutto era nato dal rifiuto dei comuni di sposare coppie gay, che fecero ricorso. La parola al Parlamento La Consulta, secondo indiscrezioni, lascerebbe intendere che compete alla discrezionalità del legislatore la regolamentazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso.

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Nozze gay, no della Consulta «È materia del legislatore»

di Natalia Lombardo, su L’Unità, 15 aprile 2010

La Corte Costituzionale ha respinto come «inammissibili e infondati» i ricorsi sui matrimoni gay. Furono presentati dal tribunale di Venezia e dalla Corte di Appello di Trento per chiedere un parere sulla illegittimità costituzionale di alcuni articoli del codice civile che impediscono le nozze tra persone dello stesso sesso. Tutto era nato dal rifiuto dei comuni di sposare coppie gay, che fecero ricorso. La parola al Parlamento La Consulta, secondo indiscrezioni, lascerebbe intendere che compete alla discrezionalità del legislatore la regolamentazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso.

La «palla» sarebbe rimandata al Parlamento. Ma la corretta interpretazione della sentenza (e il «monito» al Parlamento) sarà possibile solo nei prossimi giorni quando saranno rese note le motivazioni che scriverà il giudice costituzionale Alessandro Criscuolo. La Corte il 23 marzo aveva rinviato la riunione della Camera di consiglio. Ieri ha dichiarato «inammissibili» le questioni sollevate dal Tribunale di Venezia e dalla Corte di Appello di Trento sulla violazione degli articoli 2 della Costituzione (i diritti inviolabili dell’uomo) e 117 primo comma (sull’ordinamento comunitario e obblighi internazionali).

Dichiarati «infondati», invece, in relazione agli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 29 (diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio). Subito il centrodestra e il Forum delle Famiglie hanno esultato, interpretando la sentenza come una pietra tombale sui matrimoni gay. Al contrario i movimenti degli omosessuali non vedono negata la possibilità di queste unioni, e si batteranno per una legge (ci sono già 5 proposte). Non demorde l’associazione «Certi diritti» che fece partire l’iniziativa legale, Sergio Rovasio pensa a un «ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo». Dal governo la sottosegretaria Eugenia Roccella parla di una vittoria del Family Day, e usa la sentenza: la famiglia non può essere che la «società naturale composta da un uomo e una donna e fondata sul matrimonio». Così Giovanardi, Lupi e il Pdl in coro.

Ma la Carta, come rivendicano gli omosessuali, non parla di «uomo e donna». Si distacca il radicale Della Vedova che rilancia la proposta Rotondi-Brunetta. Ogni parere in questo momento è «arbitrario», spiega l’avvocato Vittorio Angiolini, legale di Beppino Englaro nella triste vicenda di Eluana: «Bisogna aspettare le motivazioni, perché così com’è il dispositivo della Corte può offrire diverse soluzioni applicative o fornire varie indicazioni al legislatore». Per esempio la Consulta potrebbe aver rimandato ai giudici la scelta di sposare la coppia gay, o, al contrario, stabilire che la Costituzione vieta tali unioni. La battaglia delle coppie gay Il caso nacque dalla vicenda di tre coppie di omosessuali di Venezia e di Merano, che si videro rifiutare la pubblicazione di matrimonio dall’ufficiale di stato civile del Comune.

Ricorsero in Tribunale ma i giudici rimandarono la questione alla Consulta. A Merano Enrico Oliari, presidente di GayLib (gay di centrodestra) e consigliere comunale, si dice «amareggiato, ma continuerò a lottare seguendo la via politica». Lui e il suo compagno Lorenzo ricorsero alla Consulta dopo che il comune di Trento respinse la richiesta di matrimonio: «Le coppie gay sono riconosciute nell’Europa occidentale tranne che in Grecia e in Italia. Superati da Colombia, Sudafrica e paesi del Terzo mondo». Preoccupati anche Matteo Pegoraro e Francesco Piomboni, la prima coppia che, nel marzo 2007, impugnò in tribunale il diniego del comune di Firenze.

 

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