Battaglia in tribunale per coronare il sogno delle nozze lesbo

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Coppie lesbo e gay supportate dall'associazione «Certi diritti» (Gobbi-Bergamaschi)

La storia – Clara Comelli, presidente dell’associazione «Certi diritti»: «Quello che stiamo facendo in Italia è un percorso già compiuto da altri in Europa»

 

Battaglia in tribunale per coronare
il sogno delle nozze lesbo

Due ragazze di Conselve citano in giudizio il sindaco «Ci ha negato un diritto, il matrimonio è solo nostro»

Coppie lesbo e gay supportate dall’associazione «Certi diritti» (Gobbi-Bergamaschi)

 

PADOVA – Sono due ragazze, hanno 24 e 28 anni, sono lesbi­che e si vogliono sposare. Il 22 gennaio 2010 il loro caso verrà discusso nel corso di un’udien­za civile al Tribunale di Padova, contro il sindaco di Conselve, in qualità di rappresentante dello Stato. Perché M.M. e V.S. (que­ste le iniziali delle due ragazze che preferiscono non farsi rico­noscere) hanno impugnato l’at­to di diniego certificato dal loro Comune di residenza, Conselve appunto, e lo hanno portato in Tribunale. Per chiedere la remis­sione dell’atto e ottenere quindi la pubblicazione del matrimo­nio. Come una coppia eteroses­suale, perché «il matrimonio ri­guarda noi due e basta, non al­tri. Deve essere riconosciuto a qualsiasi persona libera», so­stengono mentre si tengono la mano. Come per farsi forza l’una con l’altra.

E sono loro a raccontare co­me sono andate le cose. «Il 2 set­tembre siamo andate all’anagra­fe di Conselve – racconta V., che di anni ne ha 28 e lavora come consulente finanziaria a Padova -, all’incaricato abbiamo chiesto i moduli per la pubblicazione. Prima non c’è stato nessun pro­blema, ma quando abbiamo det­to che ci sposavamo noi due ci siamo sentite dire che non si po­teva fare, così abbiamo chiesto l’atto di diniego ufficiale». Det­to, fatto. Ora quell’atto protocol­lato all’anagrafe comunale col numero 16733, con richiesta iscritta nel processo verbale di pubblicazione al numero 34, verrà discusso in tribunale. Con­testata, dagli avvocati Maria Pia Rizzo e Francesco Bilotta, sarà soprattutto la frase con cui si spiega il rifiuto. «Il nostro ordi­namento non prevede matrimo­nio tra persone dello stesso ses­so perché contrario all’ordine pubblico». Una storia la loro che va avanti da circa tre anni, da quando si sono conosciute una sera all’interno di un locale citta­dino per omosessuali. Dopo po­co più di un anno sono andate a vivere assieme, a Conselve. In una casa per loro stessa ammis­sione «grande, ma che condivi­diamo con due cani».

Quella tra M., 24 anni tecnico informatico, e V. è una storia che a sentirla raccontare ha tut­te le pieghe felici e i lati oscuri che legano ogni coppia. «Io – racconta M. – mi sono scoperta bisessuale fin da subito, ho avu­to una storia importante con un ragazzo, ma adesso è tutto fini­to. Ho trovato la mia compagna, sono serena e felice con lei». Ma la domanda è d’obbligo: la fami­glia come ha preso questa deci­sione? «Bene – continua, men­tre tiene stretta la mano della sua compagna – . I miei genitori hanno accettato, nello stesso pe­riodo poi ha scoperto le carte mia sorella, anche lei omosessuale». Diver­sa la vicenda umana di V., figlia di una ra­gazza madre che ha fatto di tutto per portare la sua bam­bina sulla via per lei giusta. «Le ho detto del mio orienta­mento sessuale quando avevo 15 anni, lei si è ribellata, voleva portarmi dallo psicologo, mi di­ceva che ero malata – riannoda i fili della memo­ria con un po’ d’emozione ­. Adesso però sono cresciuta, lei ha avuto una vita dura, voleva che io fossi felice».

E adesso? «Ha capito che io ho una vita fe­lice. Pensi che ci va a fare la spe­sa e cucina per noi», sorride. Discriminazione? Non tantis­sima, peccato solo per quella volta al Cineplex di Due Carrare quando M. e V. si sono viste ri­fiutare lo «sconto coppia» per­ché lesbiche. Ma la loro non è la sola storia. Il passo che hanno già fatto (di chiedere le pubblica­zioni) è il prossimo step per una coppia lesbo vicentina. S., 44 anni barista, e L., 33 anni agronoma. «Stiamo assieme da tre anni e mezzo – ricorda S. ­. Ho compreso a pieno la mia ses­sualità aiutata da uno psicolo­go, prima mi sentivo insicura, poi verso i 30 anni la svolta. Ora sto bene e non mi sembra giu­sto ci venga rifiutato il matrimo­nio. Anche con me la famiglia è stata una grande famiglia. Mio papà mi ha addirittura detto “era ora che lo dicessi”».

Con L. si è conosciuta in un sito per omosessuali, «Elle per Elle». Ora vivono assieme, in un rap­porto equilibrato anche con le ri­spettive famiglie. «Ci tengo a di­re che internet non è stata una maschera – afferma L. – ma solo un veicolo per conoscersi». Ma a fare da apripista è stata una coppia di gay, resi­denti a Venezia. L’anno scorso G. 48 anni e S. 43 anni, entrambi artisti, hanno chiesto di sposar­si. Rifiuto del Comune, udienza civile e la decisio­ne del Tribunale lagunare di rimettere tutto nelle ma­ni della Corte Costituziona­le per una sentenza che po­trà arrivare tra un anno, cir­ca. «E’ già un successo per noi – spiega Clara Comelli presidente dell’Associazio­ne radicale Certi Diritti ­. Quello che stiamo facendo ora in Italia è il percorso già fatto da altri in Europa».

Nicola Munaro
23 novembre 2009

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