DA L'UNITA' DI OGGI 15-7: L'ODISSEA MATRIMONIALE DI DAVINA E MOLLY

L’odissea matrimoniale di Davina e Molly 
dal quotidiano L’Unità di martedì 15 luglio 2008

«La prima volta ci siamo sposate simbolicamente. Era dopo il pride del ’98. Il prossimo primo settembre ci sposeremo davvero». Nel corso di dieci anni Davina e Molly, sempre indossando impeccabili abiti da spose, hanno chiesto la pubblicazione degli atti di matrimonio. «Ogni anno, il giorno di San Valentino, io e Molly, assieme a tante altre coppie gay ed etero, ci mettevamo in coda negli uffici dell’anagrafe della nostra contea di San Francisco, per richiedere il certificato di matrimonio. Arrivato il nostro turno, la funzionaria ci guardava e ci diceva che non era possibile, perché siamo una coppia di donne. Le coppie etero ascoltavano il rifiuto e la funzionaria arrossiva. Poi ci chiedeva scusa, imbarazzata. “mi dispiace, ma la legge non lo permette”. La richiesta diventava una azione politica festosa e un po’ triste. In tanti uscivamo dall’ufficio manifestando in strada con cartelli e striscioni. E abbracciandoci anche per consolarci».

Davina Kotulsky racconta così la paziente e testarda battaglia per accedere al matrimonio in California. È raggiante ora, a pochi mesi dalla storica sentenza della Corte Suprema della California che il 15 maggio ha chiuso con il successo un decennio di impegni di tanti gay e lesbiche. Il primo settembre lei e Molly McKay si uniranno in matrimonio, così come avevano sognato. Lo avevano già fatto dieci anni fa a Wildwood Acres, con lo stesso rito, dagli anelli al party , assieme a 150 amici e parenti. Ma adesso la celebrazione avrà tutti gli effetti riconosciuti dalla legge.

Davina Kotulsky è una delle leader di Gaymarriage.com, una delle organizzazioni californiane che più si è battuta per il riconoscimento del «Marriage Equality», cioè del diritto per tutti di sposarsi. Psicologa, psicoterapeuta, con una lunga esperienza di lavoro con donne maltrattate e in carcere, si è gettata a capofitto nella battaglia per i diritti civili, insieme alla sua compagna, avvocato e attivista.

Davina, in questi giorni a Venezia per seguire un workshop su una delle poche poetesse del XVII che si esprimeva pubblicamente, ci descrive il senso della sua protesta. «La storia delle discriminazioni è lunga e dolorosa. Ed è una storia di storie. Solo fino a qualche decennio fa, coppie miste, bianche e black, non si potevano sposare. Così come in molti stati gli autobus, i ristoranti, i luoghi pubblici erano interdetti agli african-american. Se non viviamo più questa vergogna è perché migliaia di persone hanno pensato, come stiamo facendo noi una cosa semplice: “se non hai un diritto, te lo devi prendere”».

Determinata e dolcissima, Davina Kotulsky è nota negli Stati Uniti anche per un libro e un film. Il primo, «Why you shoud give a damn about gay marriage» (che suona «perché dovreste farvi un’opinione sul matrimonio gay») spiega che l’esclusione dall’istituto matrimoniale è una ferita simbolica, legale e materiale alla piena cittadinanza per la popolazione gay e lesbica. Nel film, «Freedom to marry» (di cui parliamo sopra, girato da Laurie York e Carmen Goodyear, Davina e Molly, assieme ad altre coppie, raccontano la loro storia di vita e di amore e l’iter per sposarsi. Il film ha girato i festival di tutto il mondo, ricevendo riconoscimenti e premi (come al Los Angeles Film Festival), fino ad approdare al grande pubblico sulla Pbs, emittente largamente seguita.

La campagna per il diritto al matrimonio suscita un grande dibattito negli Stati Uniti, dove è dei singoli stati la competenza di
legiferare in merito alle politiche familiari. Il quadro normativo è complesso: soltanto il Massachussets prevede l’accesso al matrimonio, altri dieci stati hanno forme di tutele – più o meno ampie – chiamate in vari modi, unioni civili o domestic partnership. Quest’ultima è prevista anche in California, ed è riservata alle coppie gay e a quelle etero over 62 anni, per permettere anche ai partner più «anziani» di non perdere i diritti pensionistici e fiscali acquisiti (come la reversibilità della pensione del partner deceduto). Una motivazione che in Italia susciterebbe scandalo e invettive. «La prima svolta arriva nel 2004 – prosegue Davina -. Quando il sindaco Gavin Newsome, che già aveva partecipato ai pride e ai matrimoni simbolici, decide, con il sostegno del difensore civico di San Francisco, di cambiare i moduli di matrimonio, sostituendo le parole marito e moglie con “applicant”. Termine neutro dal punto di vista del genere. Non poteva farlo, ovviamente. Ma si è preso il
diritto, sfidando la legge».

Davina ricorda bene quel giorno: «Una folla enorme si accalcava alle porte del City Hall. Migliaia di coppie gay e lesbiche in fila. Molti non riuscivano nemmeno a finire la frase di rito di fronte ai funzionari, scoppiando in lacrime. Gli stessi impiegati gridavano di gioia, assieme a parenti ed amici. La festa contagiava l’intera città». Di quella folla facevano parte anche Davina e Molly, con i loro ennesimi abiti da cerimonia: la prima in giacca e pantaloni blu, Molly con uno smagliante vestito bianco tradizionale.

Ma la Corte suprema interviene e nel giro di un mese annulla qualcosa come 3.955 matrimoni. Bisognerà aspettare altri quattro anni perché la stessa Corte, per 4 voti contro 3, capovolga il verdetto, dopo ricorsi, cause legali, manifestazioni e una carovana che da San Francisco giunge fino a Washington, toccando 13 stati. Purtroppo non è detta l’ultima parola. La strada è tutt’ora in salita. I californiani dovranno esprimersi a novembre su una proposta di referendum, «Proposition 8», che dichiara: «solo il matrimonio tra un uomo e una donna è valido e riconosciuto in California». Se passasse, nessuna legge e nessuna sentenza potrebbe più consentire il matrimonio gay. Conosciuto come il «California Marriage Protection Act», il referendum è promosso da «Protect Marriage», un’agguerrita coalizione di 34 gruppi, associazioni e 62 parrocchie e chiese
locali, dove a far la parte del leone è la Conferenza episcopale cattolica. I repubblicani sono schierati con loro, a cominciare dal candidato alla Casa Bianca MacCain. Un ruolo defilatissimo ha il Governatore Arnold Schwarzenegger, che si è detto contrario ai matrimoni gay, ma che non parteciperà alla campagna. Sul fronte opposto ci sono i democratici: il battagliero sindaco di San Francisco e soprattutto Barak Obama. Obama è contrario al referendum vista la posta in gioco, ma ha dato il proprio appoggio alle associazioni Lgbt. «Sarà una battaglia durissima – sottolinea Davina -perché la California non è S.Francisco. Ci sono 58 contee. I sondaggi ci danno in leggero vantaggio, ma il paese resta spaccato. La California sarebbe il quarantesimo stato a blindare la propria costituzione. È un momento pericoloso, Bush vuole emendare la Costituzione proprio su questo punto. Grazie a dio se ne andrà presto». Ride Davina, poi seria aggiunge: «In 200 anni, ci sono stati solo 16 emendamenti alla Costituzione e quasi tutti per estendere i diritti, in particolare a donne e black people. Sarebbe la prima
volta che verrebbe usata per scrivere una discriminazione sulla nostra carta fondamentale».

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